Premessa

COME NASCE LA MIA TESI

               

                I motivi  di  scelta dell’argomento della presente tesi sono molteplici e di  varia natura.

     In primo luogo un interesse profondo per il teatro, che col passare degli anni è diventato una passione sempre più intensa e consapevole. Tale passione ha conosciuto un ulteriore sviluppo anche grazie agli studi sul teatro fatti durante la carriera universitaria. Durante i tre anni del corso di laurea in Musica e Spettacolo, ho avuto la possibilità, oltre quella di capire più attentamente i testi teatrali e di conoscere da vicino gli uomini che lo hanno fatto grande, quella di poter direttamente entrare in contatto, attraverso vari laboratori  con la sua materia prima: lo spettacolo teatrale. Proprio durante il corso di storia del Teatro abbiamo affrontato Bertolt Brecht e il testo di Mutter Courage und ihre Kinder, e allo stesso tempo abbiamo avuto l’ occasione di portare ciò che era scritto alla vita: l’abbiamo messo in scena. E’ stata un’esperienza decisiva per la scelta della mia tesi. Anche se non facemmo il testo in versione integrale, ho potuto osservare da molto vicino, da dentro, ciò che c’era realmente in quelle pagine scritte. Finché non lo interpreti, non lo studi per farlo vivere, non potrai mai capire un dramma fino in fondo.

       A me era stata affidata la parte di Kattrin, la figlia muta di Madre Coraggio. Kattrin, che ritengo il personaggio più significativo, è  muta per una violenza subita da un soldato , quando era ancora bambina. Trovo che Kattrin sia il simbolo di un’umanità che la guerra fa brutalmente tacere. Un’umanità piena d’amore da offrire, ma nella guerra non c’è tempo per l’amore. Ama con una forza incredibile, ma tutti la sfuggono. Ama i bambini ma non può averli, ama i due fratelli ma non riesce a salvarli, ama la madre ma lei non riesce a capirla. Passa squallida, ignorata e nascosta nel carretto della madre per terre insanguinate. Ma, alla fine, riesce a gridarlo, il suo amore, il suo messaggio di pace, di speranza. Salva dal massacro gli abitanti di una città che sta per essere sorpresa nel sonno dal nemico. Lo griderà attraverso il suono di un tamburo, brutalmente interrotto da uno sparo. Ma la città ha sentito. Kattrin morirà, ma dopo aver gridato la Vita. Mi sono immediatamente innamorata di questo personaggio, la sua bellezza e forza interiore mi hanno subito rapito. Poterla interpretare, anche in parte, mi ha dato grande soddisfazione.

     Inoltre studiando il testo, ho naturalmente saputo che la prima rappresentazione in Italia fu fatta nel 1952 con la regia di Lucignani. Mi affascinava scoprire come, più di mezzo secolo fa, veniva  presentata alle scene italiane l’opera di Brecht. Brecht, grande drammaturgo del Novecento, era praticamente sconosciuto al pubblico italiano di allora. Mi affascinava  il “dietro le quinte”  di un lavoro molto  importante per quel tempo, di un dramma nuovo: per i  temi, per la  forma teatrale, per le idee di regia. Parlare della guerra, della sua “inutile strage”, quando solo pochi anni prima l’Europa e il mondo ne avevano affrontata una terribile e atroce, era più che giusto, ed era un considerevole slancio verso la pace. Quello che forse anche oggi, come sempre, dovremmo cercare di fare. Parlare di pace e di amore, ricordando ciò che è stato e ciò che è, in un mondo travolto da una “guerra infinita”. Sì, perché come si fa a fissare i limiti di una guerra? L’umanità era ancora in guerra prima del ’39, in Africa, in Spagna, in Cina, la vecchia Europa dibatteva gli stessi interessi che dibatté nell’ultima guerra mondiale. Andando a ritroso in questa congerie di guerre si giunge fino all’altro conflitto mondiale e ancora prima. Attraversando il mondo, oggi come sempre, si scopre che la guerra non finisce mai. Da qualche parte, più vicino o lontano, c’è sempre qualcuno che lotta. La pace, ci dice Brecht, è un miserabile attimo, momento senza vita della grande azione distruttrice degli uomini. Ma Brecht ci lascia anche un messaggio di speranza, attraverso la “voce” di Kattrin.  Speranza di pace che  per essere realtà dovrebbe, sulla scia di uomini come Brecht, divenire un fatto di coscienza e di cultura. Finché c’è qualcuno che parla, come Kattrin, la speranza e la vita non moriranno mai, nonostante tutto. E io, volevo raccontare, il primo tentativo di pace, attraverso la coscienza e  la cultura  fatto in Italia più di cinquant’anni fa.

     Un ultimo motivo, non meno rilevante, è un motivo di affetto personale. Parlando del testo di Madre Coraggio e i suoi figli sono venuta a sapere che mio padre, Mario Maldesi, partecipò a quella prima messa in scena italiana, nel ruolo di Schweizerkas. Andare a scoprire e ritrovare l’inizio della sua carriera, sapere che lui aveva interpretato il testo che io stessa cinquant’anni dopo ho interpretato, mi dava e mi dà una grandissima emozione. Lo ritengo un po’ un porta fortuna, perché forse nel 1952 mio padre era ciò che sono io oggi: all’inizio della sua vita in questo mondo dello spettacolo, nella magia del teatro, che ha rapito meravigliosamente anche me!

    

      Raccontare un evento  ormai passato da tanti anni, come la prima messa in scena in Italia di Mutter Courage und ihre Kinder di Bertolt Brecht nel 1952, era impresa assai ardua, poiché sono passati molti anni e non ci sono tanti materiali a cui riferirsi per una ricerca, se non qualche critica,  e soprattutto poiché  molti dei protagonisti non ci sono più. Ma grazie all’immenso aiuto dato da coloro che ancora ci sono, credo sinceramente di essere riuscita a farlo rivivere un’altra volta. Facendo questo cammino nella storia dell’arrivo di Madre Coraggio in Italia, mi sono trovata immersa nel suo divenire, ho avuto realmente la sensazione di aver vissuto quel momento; e mi auguro che chi legge questa tesi lo riviva come è successo a me.

     Come dicevo, assai preziose per la ricerca sono state le interviste fatte ai protagonisti: il regista Luciano Lucignani e gli attori Renzo Giovampietro, Franca Maresa e Mario Maldesi che interpretavano i figli. Con Lucignani ho avuto modo di conoscere come è nata l’idea e, cosa molto interessante, ho potuto conoscere più da vicino Bertolt Brecht, anche negli aspetti più inattesi e divertenti,  tramite il racconto del suo soggiorno a Monaco di Baviera. L’intervista a Maldesi ma soprattutto a Franca Maresa è stata veramente essenziale per capire l’anima più profonda di questo lavoro e per riuscire poi a farlo rivivere, oggi,  sulla carta. Infine ho avuto l’opportunità di parlare con Silvio Spaccesi, che allora era un giovane attore e andò a vedere come tanti altri giovani la rappresentazione ai Satiri. Con le sue parole ho conosciuto  cosa ha potuto provare lo spettatore, l’intensità delle emozioni che  lo attraversavano e  il  fascino dello spettacolo.

     Tramite questi contatti ho scoperto le mille difficoltà e i mille pezzi che costituiscono la riuscita e il successo di questo evento e ho potuto percorrere passo dopo passo la sua nascita. Iniziando con l’introdurre   il testo, ho poi affrontato la nascita dell’idea,  la ricerca dei finanziamenti, del luogo, degli attori e di tutti coloro che avrebbe dovuto collaborare. Fino all’inizio del lavoro vero e proprio: le prove, la realizzazione della messa in scena, scenografie, musica, costumi, luci. Per arrivare infine alla famosa data del debutto, il 4 novembre 1952, e ai giorni successivi, alla reazione del pubblico, della critica. E come ultimo passo  ho raccontato cosa è successo l’anno dopo, nel 1953, quando c’è stata  la ripresa.

      Lo spettacolo Madre Coraggio e i suoi figli di L. Lucignani, credo sia un punto fondamentale della storia del nostro teatro, che è riuscito ad aprire le porte ad un grande drammaturgo come Bertolt Brecht, e fosse anche solo per questo motivo trovo importante non dimenticarlo. La sua opera ha spinto la giovane generazione teatrale, (come era Lucignani), a organizzarsi in collettivo e a farsi ambasciatrice di messaggi profondi per far crescere l’uomo nella sua consapevolezza. Da quell’anno la diffusione dei suoi drammi cresce con sempre più vigore. (Tre anni dopo, nel 1956, viene messa in scena L’opera da tre soldi dal Piccolo Teatro di Milano, e Brecht incontrerà il suo più grande portavoce italiano: Giorgio Strehler).

     Attraverso questo studio ho potuto inoltre  confermare e rafforzare il mio pensiero, su come alla base di un sogno, ci debba essere tantissimo amore ed entusiasmo. Perché per riuscire bisogna sempre lottare con profonda passione e unione.

      Spero che eventi come questo ci siano sempre, e spero che questo mio lavoro possa dare forza e coraggio a tutti i veri amanti del teatro a tutti gli uomini che hanno qualcosa da comunicare agli altri uomini, per andare avanti, sempre, nonostante tutto. Perché, riprendendo ciò che ho detto all’inizio, finché qualcuno  parla con il cuore, la gente ascolterà, si trasformerà e diventerà più consapevole, proprio come voleva Brecht.

 

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