Se sono riuscita a scrivere  questa tesi e a raccontare questo spettacolo lo devo quasi esclusivamente ai suoi protagonisti,  non posso che ringraziarli infinitamente.

     Ringrazio Renzo Giovampietro,  per essere stato subito disponibile a incontrarmi. Gentilissimamente mi ha accolto nella sua casa e anche se non abbiamo parlato molto di Madre Coraggio, il suo racconto mi ha affascinato moltissimo,  poterlo incontrare è stato  veramente stupendo, grazie.

     Ringrazio Luciano Lucignani, che nonostante un primo momento di difficoltà , è stato molto cordiale e disponibile; pazientemente ha risposto sempre alle mie telefonate che continuavano a voler sapere di più.

Un profondissimo e grande grazie, che non sarà mai abbastanza, a Franca Maresa, che mi ha veramente trattato come una figlia, fidandosi di me, prestandomi e regalandomi i suoi preziosi ricordi. Quel pomeriggio a casa sua è stato di grande valore, non solo per il lavoro in questione,  ma anche  per la  mia vita. “Sei una persona splendida! Grazie di  cuore.”

     Inoltre ringrazio  affettuosissimamente Silvio Spaccesi, che con la sua telefonata mi ha trasmesso un’emozione indescrivibile e mi ha fatto vedere mio padre là, sopra a quel palco dei Satiri.  Proprio attraverso di lui vorrei ringraziare mio padre: Grazie per la pazienza e la passione con cui mi hai raccontato quest’avventura. Perché ascoltarti e vedere le foto di quando lavoravi in teatro, all’inizio della tua vita artistica, mi ha colmato il cuore di gioia. Grazie per tutto quello che mi hai insegnato, per l’immenso amore che mi hai dato e che continui a darmi, per quello che sei stato e per quello che sei, grazie papà!

 

Al telefono con Silvio Spaccesi

 

31 gennaio 2004

 

 

E’ impossibile trascrivere una telefonata come questa. Purtroppo per scritto si perde la voce, il suo suono, il battito del cuore che la scalda, i sorrisi, le risate e tante altre piccole cose, che fanno ricchissimo un dialogo.

Ma voglio cercare comunque di arrivare  vicino a ciò che è stata, essendo il più fedele possibile. Non posso non raccontare per intero una telefonata così bella!

Perciò mi prendo la licenza di non tagliare niente, lasciando anche parole che non sono molto pertinenti allo spettacolo di “Madre Coraggio e i suoi figli”.

Dunque, il telefono è libero, Spaccesi mi risponde così:

 

S. Parola d’ordine?

C. Caterina. Pronto!

S. Caterina, solo a Caterina rispondo!

C. Allora…?

S. Dunque, oggi è il 31 gennaio, pare che siano finiti i giorni della merla, del     

     freddo…

C. Ma’… io sono sotto la neve di cinquanta centimetri!

S. E’ lo so, ma i giorni della merla sono finiti. Freddo, ma parlo con una rondine   meravigliosa, che sei te!

C. Grazie!

S. Cosa posso dirti io?

C. Non lo so, se ti ricordi qualcosa di questo spettacolo di millanta anni fa…?!

S. Dunque, lo dico subito. Dico subito le cose principali.

     Io, burino di Macerata. Frequento l’Accademia.  (Io che ho fatto agraria, pensa un po’! …Per le campagne, dovevo andare a mettere le mani dentro le bocche dei cavalli, curare le vacche, le loro malattie…era duro sai? Fare le stime della grandine sui pampini dell’uva, degli ulivi, dell’erba medica, insomma…), mi sento dire Bertolt Brecht, mi sento dire è obbligatorio andare al teatro dei Satiri…

C. Addirittura?!

S. Sì, sì! Era il tempio. Non era mica come adesso che ci sono ducentomila teatri!

C. E’ lo so…

S. Era il teatro dei Satiri, questo stanzone meraviglioso per me… poi l’ho preso anche   in affitto!

C. Ah sì?!

S. Sì, sì! Tutti passavano ai Satiri. Adesso ci passano solo quelli che vanno a dire le    parolacce, che vanno a fare: il funerale al teatro!

     …Mi trovo di volta in volta un’emozione per questo ritmo che si dava alla commedia famosissima di Bertolt Brecht, “Madre Coraggio e i suoi figli”. E poi, mi arrivava al cuore questa voce pastosa di un attore, che prendeva bene la luce, che non smaniava, che non si muoveva fuori del tempo della battuta, che c’aveva una mimica castigatissima, ( ti parlo di tanti anni fa! Senz’altro dell’altro secolo!), bello, e mi ricordava Mastroianni. Questo è il fratello di Mastroianni! Tu, quando stai in platea, non puoi capire chi è, chi non è… Non è che si davano i programmi a quell’epoca, che magari potevi subito guardare e sbirciare chi è l’attore. Andai subito a domandare, a vedere…Era Mario Maldesi! ( L’emozione più grande, che adesso mi sta parlando la sua figliola, che si assomiglia, vi assomigliate, vi superate in somiglianza l’uno con l’altra!). Questa scansione, questa voce pastosa, lo ripeto, che doveva educare tanti, tanti attori all’educazione del respiro… di tante cose… Io debbo molto a Mario Maldesi, debbo molto! M’ha dato in certi periodi della mia vita l’indipendenza per fare teatro, perché non ho avuto delle sovvenzioni. Quindi pensa che telefonata emozionante può essere questo giorno del 31 fine merla ma rondine che vola. Che mi viene a chiedere di parlarle per una tesi che fa… Io ho avuto il piacere di vederti, di conoscerti, sei venuta qui a casa mia, sei una grande appassionata, tu sei l’avvenire! E noi siamo qui a parlare del passato. Tuo padre ha lasciato un imprimatur su molti, molti attori, ed era invidiato perché se una persona   non funzionava la metteva ai margini. Oggi, invece, si mette in mezzo alla strada per ostacolare gli altri quelli che non valgono niente. Questa era la bilancia di Mario Maldesi. Questo era il misurino, ti misurava la pressione, ti… Mai l’ho sentito arrabbiato, sì, una volta si arrabbiò un po’ con me, quando doppiavamo l’ “Arancia meccanica”: - Baaaasta! Me la devi fare! - . E tutte le cose più belle, “Guerre stellari”, “L’impero colpisce ancora”… E poi l’aveva chi, il signor, quello di Rimini che non c’è più da dieci anni, il più grande regista che abbiamo avuto, dillo te il nome!

C. Fellini!

S. Non si muoveva senza di lui. Quindi io papà l’ho bevuto a piccoli sorsi. Non te lo potevo mangiare, se no come ti metteva al mondo?!

C. …Infatti!

S. Ecco, questa opera che capivo ben poco, poi mi dovevo precipitare in biblioteca a      cercare. Ma mi ricordavo sempre di questo sguardo, di tuo padre, che arrivava in platea. Sergio Tofano diceva: -  Lo sguardo deve arrivare all’ultima fila di platea, sennò è inutile. - Sei d’accordo?

C. Sono d’accordo!

S. Perché la luce viene da lì. La luce poi… Non era l’epoca che si brillava tanto, con i   riflettori, i giochi di luce, ( oggi c’è il disegno delle luci, l’invenzione delle luci), no, erano belle anche a quell’epoca, era uno spettacolo straordinario!

     Non avevo neanche voglia di parlare oggi per recuperare, per fare il pieno di voce, me la fai tornare te!

C.  Hai ragione, perdonami di averti rubato un po’ di voce!

S. Non sei perdonata, sei fatta santa Caterina!

C. Grazie mille Silvio, grazie!

S. Questo è il ricordo che ti posso aver fatto io, non è superficiale, è profondo! Perché poi un giorno mi ci dovevo incontrare! Era con questa voce meravigliosa, il più moderno! Ciao! Ti abbraccio!

C. Un abbraccio grande, ciao! Grazie!!!

                                                                                                                                       back